lunedì 5 marzo 2012

VENTAGLI ITALIANI - Edina Altara

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Breve storia del ventaglio


Il ventaglio, da strumento essenziale per soddisfare esigenze primarie di utilità quotidiana quali rinfrescare, scacciare insetti, attizzare il fuoco, si è andato trasformando in prezioso gioiello che ha segnato lo stile dell’abbigliamento femminile interpretando il modo di vivere e l’idea di femminilità delle varie epoche attraverso forme e decori straordinari.





Inizialmente esso era costituito da semplici elementi naturali: foglie di palma, rami intrecciati, piume di struzzo o di pavone di grandi dimensioni, per divenire poi una realizzazione fantasiosa ed infine un'opera d’arte. Nel corso del tempo si è appropriato di valenze e significati simbolici rappresentativi della regalità, della religione, del potere, del magico.








Le sue origini risalgono alla Cina intorno al VII secolo a.C.: giunge a Roma attraverso il mondo greco nel V secolo a.C. Successivamente come "flabello" entra a far parte del cerimoniale papale, con lo stesso significato di regalità e di protezione, sopravvivendo sino al Concilio Vaticano II del 1965 quando viene eliminato dalle celebrazioni da papa Paolo VI.







In Italia è utilizzato come accessorio femminile di piccole dimensioni già nel Duecento, anche se si diffonde a partire dal Quattrocento.








Nel Cinquecento diventa complemento indispensabile dell'abbigliamento femminile, segno di raffinatezza e distinzione. Gli esemplari tipici dell'epoca, di piume o a banderuola di stoffa o di paglia intrecciata, spesso decorati da pietre preziose, sono documentati nei dipinti di Tiziano, del Lotto, del Veronese ed altri artisti. Verso la metà del XVI secolo compaiono anche i ventagli pieghevoli e quelli brisèe d’invenzione giapponese, in Oriente il ventaglio è presente sia nelle famiglie nobili che fra i contadini, utilizzato sia dagli uomini che dalle donne, mentre in Occidente rimane accessorio prettamente femminile dell'alta società.





 



Nel Seicento diventa un’opera d’arte: le pagine e le stecche dipinte o intagliate da celebri pittori sono adatte a diffondere immagini significative i cui soggetti preferiti s’ispirano alla mitologia classica, all’epica omerica, alle Metamorfosi di Ovidio, al Vecchio e Nuovo Testamento, alla storia, ad avvenimenti politici, feste, nozze reali, vedute di città, scene di vita quotidiana ed altre più leziose.





 



L’epoca d’oro del ventaglio in Europa è il Settecento, periodo in cui viene largamente usato nei diversi momenti della giornata e pertanto si richiedono decorazioni appropriate che gli artisi sanno rendere interpretando il gusto vezzoso delle dame. Con la fine del secolo gli abiti diventano più comodi e disinvolti ed il ventaglio si riduce di dimensioni; si conclude così anche il suo periodo artistico.





 



Nel XIX secolo solo eccezionalmente si trovano esemplari d'arte, mentre diffusi e singolari risultano quelli di pizzo ad ago e a tombolo o di stoffe ricamate.





 


Nel XX secolo si preferiscono i ventagli semplici per il giorno e più eleganti per la sera; esso sopravvive come oggetto di pregio nelle serate di gala degli Anni Venti poichè il ritmo di vita, la moda e la presenza di nuove tecnologie d’aerazione lo rendono superfluo ed ingombrante. Si affermano così quelli reclamistici che, nati intorno al 1880, si diffondono agli inizi del Novecento per poi man mano decadere e ritovarlo talvolta anche ai nostri giorni.
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Mi sono imbattuta in questa piccola collezione di cartoline della prima metà del '900, illustrate da una valente e poliedrica artista: Edina Altara!



Edina Altara (Sassari, 1898 – Lanusei, 1983)
è stata una illustratrice, decoratrice, pittrice e ceramista italiana.




Biografia

Fin da bambina Edina Altara mostra una notevole propensione per il disegno, i colori e l’uso della carta. Giovanissima inizia la sua carriera artistica come autodidatta e a soli diciotto anni, nel 1917, durante la mostra della Società degli Amici dell'Arte di Torino, ha l’onore di vedere acquistato dal re Vittorio Emanuele III il collage "Nella terra degli intrepidi sardi" (noto anche con il titolo "Jesus salvadelu"), ora esposto al Quirinale.


Artisti come lo scultore Leonardo Bistolfi le scrivono lettere di elogio e il suo lavoro viene segnalato da importati critici tra i quali Ugo Ojetti, Raffaello Giolli, Margherita Sarfatti, Corrado Ricci e Luigi Bartolini.

Dopo il matrimonio con Vittorio Accornero de Testa, illustratore noto con lo pseudonimo di Victor Max Ninon, lavora come illustratrice déco insieme al marito e i lavori in collaborazione vengono firmati Edina e Ninon.

Negli anni trenta si dedica alla ceramica, alla moda e alla decorazione. Artista poliedrica, abile disegnatrice, sensibile e fantasiosa illustratrice, creatrice di moda, dopo la separazione amichevole dal marito, nel 1934, apre a Milano, nella propria casa, un atélier in grado di attirare una raffinata clientela.

Dal 1941 al 1943 collabora con la rivista Grazia, realizzando figurini di moda. Dal 1942 inizia a collaborare con la rivista femminile Bellezza diretta da Gio Ponti del quale, a partire dal 1946, diventa collaboratrice; orna, fra l'altro, numerosi arredi firmati dal designer italiano. Così, fra gli anni quaranta e gli anni sessanta l’assidua collaborazione con Ponti esalta la sua creatività che si muove fra progetti d’arredo e design pubblicati in autorevoli riviste come Stile e Domus. Durante la collaborazione con Gio Ponti, Edina Altara ha avuto modo di lavorare alla decorazione degli arredi di cinque transatlantici: Conte Grande, Conte Biancamano, Andrea Doria, Oceania e Africa.

 Nella sua lunga carriera Edina Altara ha illustrato una trentina di libri per ragazzi e ha collaborato con numerose riviste e periodici (disegnando illustrazioni di moda, racconti e pubblicità), tra i quali: La Sorgente, In Penombra, Rivista Sarda, Il Giornalino della Domenica, Cuor d'oro, La Donna, Giornale dei Balilla, Noi e il mondo, Lidel, Fantasie d'Italia, Scena Illustrata, Per voi Signora, Bellezza, Rakam, Grazia, La Lettura, Fili Moda, Sovrana, La Fiaccola, Il Secolo XX.                                           Qui Link

















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Tra gli Anni 20 e gli Anni 30, Edina Altara realizzò diverse serie di cartoline (solitamente quattro, e spesso con una delle immagini replicata specularmente con colori differenti) per la casa editrice Degami. La stessa che pubblicò tante serie di cartoline di Max Ninon (lo pseudonimo di Vittorio Accornero usato negli anni in cui fu sposato con la Altara). Probabilmente, Edina e Ninon lavorarono nello stesso periodo per questa casa editrice, presentando però indipendentemente i loro lavori. I soggetti proposti da Edina alla Degami erano sempre legati ai bambini, con scene di sport invernali, d'amore (singolare la serie del termometro dell'amore) e di animali.



Dopo una parentesi di una ventina d'anni, la Altara riaffrontò il tema delle cartoline tra gli Anni 50 e 60, su commissione dell'organizzazione religiosa Casa Mamma Domenica per la redenzione femminile, e pubblicando queste serie: Ventagli, Orologi (firmata con uno pseudonimo) Qui Link, Danze (anche questa con una firma differente), Le vie della seta, Caffè, Sport invernali. In questi lavori, "lo stile convenzionale e stucchevole risente pesantemente delle direttive della committenza. I familiari ricordano di aver visto Edina piangere di rabbia mentre disegnava queste tavole ed altre simili", come scrive Giuliana Altea nella monografia pubblicata dalla Ilisso (Nuoro) nel 2005. (Qui Link)

Nell'archivio Altara, infine, esistono i bozzetti di due altre serie di cartoline, che però non furono mai pubblicate: Segni zodiacali e Sport nei secoli.
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Le cartoline postate sono di mia proprietà



1 commento:

  1. ciao...che belli .....disegni stupendi....ricchi di cultura...e ben raccontata la tua descrizione...ciao..luigina

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