sabato 21 gennaio 2012

OBELISCHI ROMANI - Stampe Antiche Acquaforte - D. Amici incisore

***


OBELISCHI

Si possono definire i grattacieli dell’antichità. Gli egizi erano ossessionati da questi monoliti dedicati alla divinità solare. I romani ne trafugarono così tanti dall’Egitto che, ad oggi, Roma risulta la città con più obelischi “innestati” nel proprio tessuto architettonico: ne ha ben 19 a vista.


... "Il tekhen (termine egizio che significa obelisco), venne denominato in modo un po’ canzonatorio dai Greci "obeliskos" che significa spiedino, riferendosi proprio alla sua forma stretta e lunga; i Romani invece intuirono quale potente simbolo di potere e vittoria incarnassero questi monumenti, pertanto decisero di adottarli. Fu allora che gli obelischi cominciarono a solcare terre e mari quali bottini di guerra e iniziarono a glorificare il potere degli imperatori romani: ad inaugurare questa tendenza fu Augusto, che dieci anni prima della nascita di Cristo portò a Roma il primo obelisco, prelevandolo da Eliopolis (“città del sole” sede principale del culto del dio Ra) e sistemandolo sulla spina del Circo Massimo. Così pian piano la città romana venne popolata da obelischi originali e d’imitazione, ma quando sopraggiunse il medioevo essi cominciarono a non essere più visti di buon occhio, erano sopravvissuti a tutto, a terremoti, saccheggi ed alluvioni ma, incarnando il dio Sole e il culto dell’imperatore, furono identificati col demonio e condannati come idoli pagani! La lotta ingaggiata da papa Gregorio Magno nel VI secolo e proseguita dagli altri papi, fece sì che gli obelischi fossero abbattuti e così questi monumenti scomparvero dalla storia, sotto metri di terra, al punto che se ne scordò perfino l’esistenza.

Ritorno alla luce

Giunse poi il glorioso Rinascimento, che portò la rinascita della cultura, delle arti e di Roma, e nella città eterna sbocciarono nuovamente gli obelischi… Potrebbe sembrare una contraddizione, ma furono proprio i papi a far scavare metri cubi di terra, affinché gli obelischi dimenticati e in frantumi potessero resuscitare ed essere nuovamente innalzati, in quanto anche la Chiesa intuì l’antica simbologia di potere che essi incarnavano e volle adottarla per celebrare la propria potenza; gli obelischi furono trasformati in “piedi della Croce”! Ed infatti proprio sulla punta, sul piramidion, i papi fecero issare una croce, simbolo cardine dei nuovi tempi, spesso legata allo stemma della propria casata, emblema del potere personale da immortalare per i contemporanei e per le generazioni future.


Tale “rinascita” fu avviata da papa Sisto V che, collaborando con l’illustre architetto Domenico Fontana, fece recuperare gli obelischi frantumati sepolti, e li fece disporre nei punti strategici del nuovo piano regolatore della città. I monoliti svettavano agli incroci delle nuove strade e dinanzi alle chiese principali frequentate dai pellegrini, che in questo modo potevano avvistare il luogo sacro sin da lontano.


Con il passare del tempo si riscoprì anche la loro valenza estetica e quindi nel Seicento si arrivò a decorare con essi anche parchi e fontane. Del resto, a periodi alterni, non si era mai smesso di favoleggiare sull’antico Egitto: la sua civiltà e i geroglifici hanno sempre affascinato l’occidente e ispirato le mode e le arti.


Gli obelischi continuarono ad essere eretti fino al secolo scorso: l’ultimo è venuto alla luce nel 1883 ed è stato disposto presso la tribuna di Santa Maria sopra Minerva nel 1887. " .... Qui

***

Propongo la visione di una raccolta, composta da 6 stampe, raffiguranti altrettanti Obelischi.
Ogni stampa è stata eseguita con la tecnica dell'acquaforte, disegnata dal vero e incisa da Domenico Amici nel 1837/38/39.







Posto al centro della famosa piazza progettata dal Bernini, l'obelisco Vaticano è un monolito a fasce lisce, di granito rosso, alto più di 25,367 metri, che con il basamento e la croce posta alla sua sommità raggiunge i 40,285 m. Proveniente da Heliopolis, fu portato a Roma per volere di Caligola nel 37 d.C., per decorare il Circo di Nerone, situato nell'area dell'attuale sagrestia della Basilica. Restò eretto a lato della basilica finché Sisto V, nel 1586, lo fece spostare da Domenico Fontana dove è ora. È coronato da monti e stelle, presenti nello stemma della famiglia Chigi, alla quale apparteneva Alessandro VII. La base è decorata da quattro leoni, motivo araldico dello stemma di Sisto V, e da aquile bronzee fatte aggiungere nel 1713 da Innocenzo XIII, come memoria degli elementi araldici della sua famiglia Conti. Sulla sommità della guglia sono conservate le reliquie della Santa Croce; in precedenza vi era posta una palla di bronzo che conteneva, secondo la tradizione, le ceneri di Giulio Cesare: Sisto V la donò al Comune di Roma e fu posta nel Palazzo dei Conservatori. Sulla superficie della palla si notano le tracce dei colpi di cannone sparati dai Lanzichenecchi durante il sacco del 1527. Sul pavimento fu posta nel 1817 una MERIDIANA con la Rosa dei Venti, opera dell'astronomo L. G. Gilij, per la quale l'obelisco funziona da gnomone. «Sul selciato una fascia di granito rosso - come scrive Luigi Lotti - va in linea retta da un punto situato a destra della base dell'obelisco fino al di là della fontana del Maderno. I due dischi marmorei estremi della fascia stanno a indicare i luoghi dove, a mezzogiorno vero, l'ombra della croce cade nei due giorni solstiziali dell'anno: 22 giugno e 22 dicembre. Il primo disco di marmo indica il solstizio in Cancro, il secondo il solstizio in Capricorno. Fra questi due estremi altri cinque dischi indicano il passaggio del Sole nei segni zodiacali accoppiati: Leone-Gemelli, Vergine-Toro, Bilancia-Ariete, Scorpione-Pesci e Sagittario-Acquario. I dischi, dopo il 1817, furono cambiati una volta nel 1852, quando vennero posti sulla piazza i primi lampadari a gas (l'opera fu fatta dallo scalpellino Danesi che otteneva i dischi segando normalmente una colonna di marmo di 60 cm di diametro), un'altra volta nel 1878 o 1880 al tempo di Leone XIII (1878-1903), ed un'ultima volta nel 1924». Le due FONTANE sono in linea con l'obelisco ed equidistanti dal colonnato: quella di sinistra è di Gian Lorenzo Bernini, eretta nel 1677, l'altra è di Carlo Maderno, eretta nel 161i in perfetta simmetria, sono entrambe caratterizzate dai catini decorati a scaglie, sorretti da uno stelo. Qui




***






È il più antico obelisco egizio esistente a Roma, nonché il più alto: misura, infatti, m 32,185 che arrivano con il basamento a m 45,70. È in granito rosso e proviene da Tebe, dove era dedicato al faraone Tutmosi III e posto davanti al tempio di Amon. Venne fatto portare a Roma da Costanzo II nel 357 d.C., per collocarlo nel Circo Massimo. Come l'obelisco Flaminio, fu in seguito abbandonato e rimase sotterrato per secoli finché non venne rinvenuto, spezzato in tre tronconi, nel 1587 sotto papa Sisto V. Per volere del papa, venne restaurato dall'architetto Domenico Fontana ed innalzato, l'anno dopo, in Piazza San Giovanni in Laterano, davanti l'ingresso posteriore dell'omonima Basilica.



***








L'obelisco si trova al centro della piazza, sopra la Fontana dei Quattro Fiumi, realizzata nel 1651 dal Bernini, con le colossali statue del Nilo, Gange, Danubio e Rio de la Plata, scolpite rispettivamente da Giacomo Antonio Fancelli, Claude Poussin, Antonio Raggi e Francesco Baratta. Si dice che il Bernini abbia concepito il soggetto dietro l'interpretazione esoterica che dei geroglifici dell'obelisco gli dette il gesuita Athanasius Kircher. L'obelisco proveniva dal Circo di Massenzio situato sulla Via Appia. Sulla sua sommità è stata posta una colomba, simbolo dei Pamphili, ed assunta ad emblema dello Spirito Santo che si diffonde nelle quattro regioni dell'universo (simboleggiate dai quattro lati dell'obelisco) e nei quattro continenti (rappresentati dai quattro fiumi). È alto 16,539 m ma con il basamento, la fontana e la colomba raggiunge m 30,172.



***




L'obelisco venne fatto erigere nella Piazza dell'Esquilino, di fronte alla Basilica di Santa Maria Maggiore, da Sisto V nel 1587. Alto 14,751 m, è un'imitazione romana e fu ritrovato spezzato in Via di San Rocco, dopo aver ornato, insieme al gemello oggi posto in piazza del Quirinale, l'ingresso del Mausoleo di Augusto. Venne messo in opera dall'architetto Domenico Fontana.




***




Proviene da Heliopolis, dove fu innalzato davanti al Tempio del Sole dai Faraoni Seti I e Ramsete II poco prima del 1200 a.C. Fu uno dei primi ad essere trasportato a Roma da Augusto nel 10 a.C., per celebrare la vittoria sull'Egitto, e fu inizialmente utilizzato come spina nel Circo Massimo. Nel 1589 il papa Sisto V lo fece collocare nella posizione attuale, utilizzando per il piedistallo dei blocchi tolti al Settizonio demolito. È alto 23,914 metri, ma con il basamento raggiunge m 36,430. Nei geroglifici è scritto: «Il cielo degli dei è soddisfatto per quello che fece il figlio del Sole Seti I dagli spiriti di Eliopoli amato come il sole». Sulle facce del basamento vi sono quattro iscrizioni: in quella verso il Pincio, quasi illeggibile a causa di un fulmine che lo colpì il 13 Agosto 1983, l'obelisco stesso si dice lieto di innalzarsi davanti al sacro tempio di Colei dal cui seno virginale durante l'impero di Augusto nacque il Sole di giustizia (si riferisce alla chiesa di Santa Maria del Popolo). Il lato opposto, verso il fiume, ricorda Sisto V che volle trasferire l'obelisco dedicandolo alla Santissima Croce. Quella verso la Porta del Popolo rievoca la vittoria di Augusto sull'Egitto mentre quella opposta, rivolta verso il noto Tridente (la divergenza a ventaglio dalla piazza delle tre strade più famose del centro di Roma: via di Ripetta, via del Corso e Via del Babuino) risulta danneggiata ed intraducibile.



***






Posto a fronte della chiesa di Trinità dei Monti, proviene dagli Orti Sallustiani, imitazione romana di epoca imperiale degli obelischi egizi: i geroglifici sono simili a quelli dell'obelisco di Piazza del Popolo, ma lo scalpellino romano che li eseguì ha commesso degli errori, perché alcuni segni sono capovolti. Alto m 13,913 fu collocato qui dall'architetto Giovanni Antinori nel 1789, per volere di Pio VI, dopo che Clemente XII nel 1734 aveva tentato invano di farlo erigere di fronte alla Basilica di San Giovanni in Laterano, giacendo abbandonato vicino alla Scala Santa. Vi furono collocati il giglio di Francia e la croce, così che con il basamento raggiunse m 30,451. Il piedistallo, molto alto e sproporzionato rispetto al monolito, non è l'originale, che invece si trova sul Campidoglio nel giardino sul lato sinistro del palazzo Senatorio: collocato su un altro basamento di travertino e decorato con simbolici orpelli, durante il Ventennio fascista fu consacrato come "Ara dei caduti fascisti".




***


AMICI, Domenico. - Disegnatore ed incisore in rame, nato a Roma nel 18o8. Nel basso vedutismo romano succeduto alla grande èra vasiana e piranesiana, l'A. fu tra quelli che mostrarono maggiori ambizioni: dopo aver inciso all'acquaforte alcune vedute "disegnate dal vero", volle apparire anche "inventore" e incise una serie di 30 vedute immaginarie a mo' di scenografie, che nel 1831 licenziò a Roma con il titolo di Opera-scenografica - inventata e incisa - da Domenico Amici-Romano.

Ma quei rami, tutti intagliati a soli contorni, nel modo che era stato tramandato dai tre Hackert ed accettato in Roma, per la figura, da T. Piroli e da F. Giangiacomo, e in un primo tempo, per i paesi incisi, dallo stesso Antonio Acquaroni, non allettava più nessuno; si che anche l'A. s'indusse a chiaros curare, prendendo a modello non già il Piranesi, ma l'ancora vivente Luigi Rossini.

Dopo le Rovine romane in 20 rami (Roma 1832-33), si diede a ritrarre "obelischi" e "fontane",aggiungendo a quei soggetti anche l'altro dei "chiostri", per una raccolta di 30 rami uscita nel 1838. Intanto insisteva nel ritrarre fabbriche e rovine per nuove raccolte, di cui alcune venivano realizzate come tali (Vedute dei contorni di Roma,Roma 1847) ed altre invece si disgregavano strada facendo, mentre i rami entravano in raccolte di altri. Dopo la proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione (8 dic. 1854) e l'erezione successiva, da parte dell'arch. Luigi Poletti, della colonna commemorativa dell'avvenimento, presso piazza di Spagna, l'A. la riprodusse per primo. E questo fu il suo più grande successo professionale. Tradusse anche in 12 rami una serie di acquerelli di Carlo Werner figuranti le rovine di porta San Pancrazio dopo la difesa di Roma del 1849, e partecipò, come Antonio Acquaroni, suo maggior compagno di lavoro nella Calcografla romana, alla grande Scenografia dei più celebri Monumenti ... del 1864.

Ma la sua opera, giudicata oggi, non ha, nel complesso, se non valore di documento e di curiosità. Ricorderemo a tal proposito il Palazzo di Montecitorio, da lui inciso nel 1840, qual era apparso già alla fantasia di Giuseppe Gioacchino Belli, con in alto "bannerola, orologgio e campanile" e "un grossissimo par de campanoni",e giù la folla dei Romani attenta all'estrazione del lotto.

Si ignora la data di morte dell'A., ma nel 1870-71 viveva e lavorava ancora, come risulta da disegni datati del Gabinetto nazionale delle stampe in Roma, della raccolta già Morandi (uno dei quali con la veduta delle adiacenze di Porta Pia dopo la breccia) e di altre raccolte private.



***
 
A smentire altre voci, che indicano la morte dell'Amici avvenuta nel 1871, si trova in questo catalogo  Qui un acquerello firmato dall' Artista e datato 1877 ... questo:
 

640 DOMENICO AMICI
        Roma 1808 - post 1877

        VICOLO DI PAESE LAZIALE CON PAESANI

        Acquerello su carta, cm 27x18,3
        Firmato e datato 1877, a destra
        In cornice








***


Significato dell'arte dell'incisione




L'incisione deve la sua origine e la sua fortuna alla possibilità di moltiplicare le immagini. Indipendentemente dalle matrici e dai mezzi coi quali si arriva ad impressionarle, due sono in definitiva gli elementi della stampa incisa : la carta e l'inchiostro e cioè il bianco e il nero : entrambi ugualmente importanti, inscindibili, in funzione l'uno dell'altro. Il nero dà all'immagine il corpo, il bianco il respiro e la vibrazione vitale.


L'incisione non è un disegno riportato sul legno, sul metallo o sulla pietra ; è un'opera pensata per la materia destinata a realizzarla, alla cui indole, risorse e possibilità, deve adeguarsi ; premessa, questa, indispensabile per raggiungere lo stile. Perché è sulla matrice e non sulla carta che l'atto creativo dell'artista si compie, preparando quello conclusivo e rivelatore dell'impressione.


L'incisore non ha quindi, come il pittore o lo scultore, la visione e il controllo costante del suo lavoro che deve, inoltre, eseguire a rovescio, a distanza ravvicinata, in condizioni di visibilità fallaci e penose, fra continue incertezze e rischi. Una esperienza tecnica esauriente, pur subordinata al fatto creativo, è fondamentale quindi per prevedere l'effettiva portata di ogni singola fase dell'elaborazione. L'incisione, arte a sé, è capace di una forza espressiva che raggiunge quella della stessa pittura. Si dice originale quando creatore del soggetto e incisore sono la stessa persona ; e questa è la sola forma che veramente importi e di cui rimangono capolavori di insuperata potenza. Qui Link



***

Le Stampe postate, riproduzioni del 1958, sono di mia proprietà.





5 commenti:

  1. ciao...che bella la storia....che belle le tue descrizioni...davvero interessanti..
    ciao..luigina
    buona domenica..

    RispondiElimina
  2. Le acqueforti, le stampe, le xilografie, sono spesso interessanti come proto-fotografie, scatti risalenti a epoche in cui la macchina fotografica non esisteva ma artisti specializzati riuscivano a cogliere scorci e vita quotidiana di quell'epoca. Queste immagini "documentaristiche" degli obelischi di Roma sono belle, e per me particolari perché alcuni li ho visti spesso dal vivo.

    RispondiElimina
  3. Currently it appears like Wordpress is the best blogging platform available right now.
    (from what I've read) Is that what you're using on your
    blog?
    Feel free to visit my page ... enduire un mur

    RispondiElimina
  4. ciao Serena, sono Marco, anch'io ho una stampa di questo Artista del 1800 si chiama Vascello, l'ho cercata in rete ma non riesco a trovarne una uguale, sai che interesse puo avere? ciao grazie

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Marco, prova a vedere su questo sito. Grazie per la visita.

      http://www.internetculturale.it/opencms/opencms/it/ricerca_metamag.jsp?mlt=oai:192.168.10.31:22:RM0200:IT-DDS0000052579000000

      Elimina

La moderazione dei commenti non è attivata.
Ringrazio anticipatamente per la Vostra gradita visita e per le Vostre gentili parole che saranno lette con interesse e piacere.